La Repubblica: Humanitarian aid less effective than Nordic countries, Italy antepenultimate (Italian)

Source: La Repubblica

Scivola sempre più in basso (quest’anno è al ventusimo posto) il nostro Paese
nell’Indice della Risposta Umanitaria, redatto dall’organizzazione internazionale Dara

Aiuti umanitari sempre meno efficaci fanno meglio i Paesi nordici, Italia terzultima

Guadagnano una postazione gli Stati Uniti, ancora però a metà classifica. Per il 2009 attesa una forte riduzione dei fondi: l’Onu stima 4,8 miliardi di dollari in meno rispetto alle somme richieste
di ROSARIA AMATO

ROMA – La crisi economica ha reso più urgenti le necessità dei Paesi in via di sviluppo, ma ha anche ridotto la capacità di contribuzione dei Paesi donatori. Ma non si tratta solo di un problema di quantità di aiuti: in effetti nel 2008 sono stati stanziati, secondo il rapporto pubblicato oggi a Washington dall’organizzazione non-profit DARA (Development Assistance Research Associates) 10,4 miliardi di dollari (l’equivalente di quasi 7 miliardi di euro).

Ma tali aiuti spesso non sono sufficienti perché vengono utilizzati male: “Nella pratica sta diminuendo la capacità dei donanti di rispondere in modo idoneo alle emergenze umanitarie”, denuncia Riccardo Polastro, capo del dipartimento di valutazione di DARA.

“Le misure di prevenzione non stanno funzionando, si registra infatti un aumento di disastri e conflitti. Si fanno pochissimi sforzi per rinforzare le capacità a livello locale delle popolazioni a rischio. E infine l’accesso alle popolazioni in crisi è sempre più difficile, si registra una crescente insicurezza delle popolazioni e degli operatori umanitari”.

“L’HRI (humanitarian response index, indice della risposta umanitaria) – si legge nel rapporto presentato oggi a Washington – mostra che le nazioni più potenti e ricche del mondo sono ancora inefficienti quando si tratta di dare assistenza umanitaria alle popolazioni colpite dalle crisi, per aiutarle a salvare le loro vite e la loro dignità”.

Il 2008 ha visto un drammatico aumento, denuncia il rapporto, delle barriere che impediscono agli aiuti umanitari il raggiungimento del loro scopo: “Ci sono sempre maggiori problemi di mancanza d’accesso alle popolazioni – ricorda Polastro – Per esempio in Afghanistan il 50% del territorio non è accessibile, nel Sudan sono state buttate fuori le organizzazioni umanitarie. In molte regioni del mondo non si riesce a dare protezione alle popolazioni, da un punto di vista legale e fisico.

Problemi che quest’anno si sono accentuati, impedendo l’utilizzo dei fondi in modo efficace. Si sono inoltre aggravate le emergenze dimenticate, a cominciare dalla Repubblica Centrafricana, il Sahara Occidentale, lo Sri Lanka”.

Si tratta di mancanze rilevate in media in tutti i Paesi ‘donatori’ presi in esame da DARA per la classifica annuale che redige da tre anni, ma che soprattutto si riscontrano nei Paesi in basso nella graduatoria, a cominciare dagli Stati Uniti, i più generosi, da un punto di vista delle risorse messe a disposizione, ma anche tra i più problematici, sottolinea Polastro, sotto in profilo “della neutralità e dell’indipendenza”. “Gli Stati Uniti donano molto – spiega Polastro – ma hanno un’agenda legata a scopi militari-politico-economici”.

Diverso il problema dell’Italia, inchiodata al ventunesimo posto della classifica (con un ulteriore peggioramento rispetto all’anno scorso), seguita solo da Grecia e Portogallo. “In questa classifica teniamo conto di 85 indicatori – dice Polastro – e l’Italia si classifica bene solo rispetto ad alcuni, per esempio dà una contribuzione equa e in tempi rapidi rispetto ai disastri umanitari. Ma ottiene pessimi risultati rispetto alla capacità di rispondere ai bisogni delle popolazioni colpite, oltre che a tutti i parametri che riguardano la capacità di lavorare con gli altri partner”.

Polastro prosegue dicendo che “Inoltre, a volte, il nostro Paese non mantiene gli impegni assunti. Questi sono tutti parametri dove danno il massimo i Paesi nordici, che rispondono al meglio alle necessità dei donanti, hanno politiche che si traducono in azioni concrete, e lavorano da molti anni, in modo sostenuto e continuo, con tutte le organizzazioni umanitarie che operano sul territorio, al di là delle tendenze politiche”.

Aiuti dunque sempre meno in grado di produrre effetti positivi, e destinati comunque a una riduzione in termini assoluti, almeno nel 2009: “Non abbiamo ancora quantificato – dice Polastro – ma certo per quest’anno non ci aspettiamo che i Paesi donatori arrivano a dare la stessa cifra dello scorso anno”.

L’Italia è tra i Paesi ‘donatori’ che hanno annunciato uno dei tagli più drastici, il 56 per cento. L’Irlanda ridurrà i propri contributi del 22 per cento. L’Onu ha calcolato che, a causa della crisi economica, e delle crescenti esigenze dei Paesi in via di sviluppo, nel 2009 ci sarà una differenza tra le donazioni effettuate e quelle richieste di 4,8 miliardi di dollari (l’equivalente di circa 3,2 miliardi di euro), che corrisponde alle necessità di 43 milioni di persone.

Naturalmente la riduzione non riguarderà tutti i Paesi. Nella classifica elaborata da DARA, l’indice della Risposta Umanitaria, al primo posto ci sono i Paesi nordici, i più virtuosi non tanto per l’ammontare delle donazioni, ma per i criteri neutrali utilizzati e per la loro capacità di rendere effettivi questi aiuti. Al primo posto quest’anno c’è la Norvegia (che per i primi due anni era seconda), mentre la Svezia (in precedenza prima) passa al secondo.

Gli Stati Uniti, che in termini assoluti sono il primo Paese donatore del mondo, in questa classifica (che tiene conto del numero di abitanti) sono al quattordicesimo, l’Italia al ventunesimo, dal diciannovesimo dello scorso anno. Guadagna posti l’Irlanda, che nella prima edizione era al sesto posto, e nel 2009 raggiunge il terzo.